Lacrime di sangue - Analisi su Obito Uchiha

Non credete che sia un ottimo titolo per parlarvi di Obito e della sua storia? Io credo proprio di si. Eccoci quindi in questo approfondimento su un personaggio che tanto ha fatto discutere, che tanto ha fatto emozionare, che ha dato una svolta epocale alle vicende del manga. Stiamo ovviamente parlando di Obito.  Non lasciatevi spaventare dalla lunghezza – ci sono 18 immagini :D

INTRODUZIONE

Il personaggio è molto caratterizzato sia fisicamente che psicologicamente, avendo avuto una introspezione non di poco conto, che ci è stata mostrata nel volume 63, con un flashback bello capiente. Obito ci viene presentato nello Shippuden, quando entra nell’Alba sotto mentite spoglie, quelle di Tobi, al posto di Sasori. Un ragazzo esuberante e stravagante, che tante volte faceva arrabbiare il suo compagno Deidara, ma che fin da subito si è mostrato un avversario ostico.  La sua prima apparizione risale al capitolo 16, dove vediamo una foto dell’ex-Team 7. All’inizio delle vicende a 26 anni, ora 29, dato il timeskip di tre anni.

Cover capitolo 16
Cover capitolo 16

Molta gente che non segue il manga, si è trovata spiazzata quando ha scoperto che Tobi era Obito in precedenza, dato che uno spoiler del genere era praticamente inevitabile. Secondo me, invece, era abbastanza palese capire chi fosse, perché Tobi à obiTo àToobi à Tobi. Sembrava una cosa banale, ma un semplice gioco di parole avrebbe aiutato a capire.

VITA

Volendo rapidamente ripercorrere l’excursus vitae di Obito, possiamo prendere il flashback pari passo, anche se abbiamo una prima caraterizzazione all’interno del volume 27, col Kakashi Gaiden. Il capitolo 599 ci mostra come è stata la sua infanzia, all’insegna della “buona condotta” (ricordo l’episodio in cui aiuta una anziana a portare la spesa e arriva in ritardo alla prova dei Chuunin) e dell’impegno. Il suo amore  per Rin si palesa già dal primo incontro, anche se lei non sapeva di essere amata, e stravedeva per Kakashi, la persona più brava e abile del Team che riusciva laddove Obito falliva. Ma ciò, non era per lui causa di smarrimento,  anzi, gli dava quella marcia in più per diventare più forte. Il gesto che compie alla fine, dimostra per la prima una volta il suo eroismo e il suo amore per i compagni, salvando Kakashi da morte certa. Nel momento della sua morte, si fa ripromettere che Rin rimarrà sana e salva, sotto la tutela del compagno.

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Tempo tre capitoli, e riprende la sua storia, mostrandoci il suo connubio con Madara, che lo infoltisce dei suoi ideali e della sua visione del mondo. Tutto questo, a Obito importa poco e niente, e fa “li meglio sforzi”, per poter riuscire a camminare di nuovo, nella speranza di raggiungere i suoi compagni. E quando tutto sembrava andare per il meglio, arriva la notizia dell’attacco ai suoi amici e subito si fionda in battaglia. Tuttavia, all’arrivo sul campo, si balena dinanzi a lui la tragica visione che lo cambia profondamente. Di lì, ad ora, sono passati circa 30 anni, e l’odio e il risentimento mai si sono spenti (non verso Kakashi, ma verso la struttura del mondo ninja), portando Obito a svolgere tutta una serie di mosse e contromosse che hanno trascinato alle vicende attuali, perché era impazzito di amore. La stessa pazzia che ci ha descritto il secondo Hokage, quella che si manifesta quando un Uchiha perde qualcosa di molto caro, scatenando una reazione nei nervi ottici e, soprattutto, nel cuore. Fino al “MADARA RETURN” è stato il ninja più potente in circolazione, dimostrandosi il bad boy principale della storia.

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CARATTERIZZAZIONE PARTE UNO – IL SOGNO: Il punto focale di questo articolo e di questo personaggi e proprio quello che vedete scritto accanto. Fin da piccolo, Obito ha il desiderio di diventare Hokage. A cosa è dovuto questo desiderio? Semplicemente alla volontà di essere famoso, riverito e onorato. Paragonandolo al corrispondente membro dell’attuale Team 7, Naruto, le motivazioni che ha per diventare Hokage sono apparentemente subdole. Naruto, infatti, ambisce a questo titolo per poter finalmente essere rispettato e accettato dalla comunità, che avrebbe riconosciuto il suo valore, e sconfiggere il cancro della discriminazione. Naruto e Obito, quindi, ambiscono entrambi a diventare Hokage, seppur con una lieve ma essenziale differenza: Obito vuole guadagnare il rispetto, non comprendendo tuttavia le difficoltà che si interporranno per arrivare al titolo, Naruto vuole invece conquistarlo tramite le proprie gesta, lo ritiene il giusto riconoscimento per quando avrà compiuto azioni eroiche. Tutto questo, fino a prima della tragedia.

Un’altra differenza percettibile è il fatto che Naruto, per superare il proprio dolore, ha iniziato pian piano a circondarsi di amici (Iruka, Kakashi, Sasuke, Jiraya…), mentre Obito ha deciso di tenersi tutto dentro e andare da solo per la sua strada di vendetta, spinto, ormai solo dall’inerzia. Ho sempre più l’impressione che Kishimoto ci abbia voluto mostrare due storie molto simili, ma che hanno preso direzioni diverse, in base alle scelte dei due personaggi. Se Naruto, non avesse avuto modelli come Iruka (ricordo il gesto in cui si becca lo Shuriken al posto dell’allievo) sarebbe diventato un secondo Obito, cosi come Obito, se si fosse circondato di compagni, invece di vivere nel dolore, avrebbe potuto essere un secondo (o primo) Naruto. Non è la prima volta che noto questo genere diparallelismi. Un altro, lo possiamo notare in Sasuke-Madara: magari, se Sasuke non avesse avuto delle delucidazioni, sarebbe potuto diventare un nuovo Madara (cosi come ha detto Hashirama), mentre Madara, se avesse lasciato meno spazio alla sua ossessione e alla sua vendetta, sarebbe sicuramente diverso.

Questa dicotomia, è riassumibile in un semplice concetto: Naruto ha avuto ed ha la forza di perdonare e continuare, Obito si è rassegnato e ha ceduto al dolore. Perché, voglio ricordarvi, che anche Naruto ha perso le staffe durante lo scontro con Pain (con l’intervento-suicidio di Hinata), ma successivamente riesce comunque a “perdonare” Nagato, anche grazie all’intervento del padre.

CARATERIZZAZIONE PARTE 2 – LA MASCHERA:

Obito, dopo l’assassinio di Rin, ormai è diventato il fantasma di se stesso, rinnega completamente il suo sogno di diventare Hokage, e si pone come unico obiettivo quello di creare un’illusione eterna, in cui ciascuno possa avverare i propri desideri, e in cui Rin possa rivivere. Tutta la sua esistenza si è basata sulla volontà tramessagli da Madara, quella di creare un mondo onirico dove tutto è possibile: tutto questo per amore. Non è forse una cosa fantastica? Io direi proprio di si. Perché non c’è nulla di più cattivo, di un buono che diventa cattivo. Alla fine, perde anche di vista la sua personalità, non gli importa cosa gli accada in questo mondo, perché il meglio arriverà in quello che creerà. “Madara? Tobi? Chiamatemi come volete. Io non sono nessuno, e non voglio essere nessuno. L’unica cosa che voglio è attuare l’Occhio di Luna, perché questo mondo è fatto solo di disperazione”. Da questa affermazione, possiamo denotare la personalità completamente annichilita di Obito, che, come già detto, si sta muovendo solo per indolenza, senza una volontà forte, ma solo con grande rancore.

Lo stesso fatto che Obito indossi una maschera è, di per sé, molto significativo. Perché, quelle tre diverse maschere, che abbiamo visto nel corso della storia, oltre che celarne il volto e aumentare l’hype dei lettori, hanno avuto uno significato emblematico di non poca importanza: il completo rifiuto della propria persona. E come se Obito, con quella maschera, avesse detto a se stesso: “Ok, Obito è morto, ora sono solo un corpo che deve adempiere a un preciso scopo”. Questa faccenda del “corpo”, la ritroveremo più avanti. Cosi come il pauroso Usopp utilizzava una maschera per agire nelle mentite spoglie di Sogeking e compiere atti coraggiosi, cosi Obito usava una maschera per negare se stesso e autoconvincersi della cosa nei momenti di incertezza, momenti in cui vacillava sulle sue decisioni (perché, anche se non ci vengono mostrati, sono sicuro che ce ne sono stati, figuratevi nell’adolescenza (perché Obito avrà avuto al massimo 13 anni, nel momento in cui ci viene mostrato il suo flashback)). Ma, alla fine, Obito è diventato ciò che è stato detto all’inizio di questo paragrafo: il fantasma di se stesso. Per citare un grande filosofo: “Un uomo che usa continuamente maschere, non saprà più chi è la maschera e chi è sé stesso” .

Incertezza, quindi, che è venuta sempre più a galla quando ha incontrato Naruto, persona in cui rivedeva riflessa la sua immagine. È iniziato cosi uno scontro psicologico, dove Obito metteva continuamente a confronto la sua nemesi, per sentirsi rispondere nel modo in cui voleva, ma nel modo che non accettava. Perché, in fondo al suo cuore, il vecchio Obito c’era ancora. Aspettava solo la scintilla giusta che potesse scatenare il grande fuoco. Quello stesso fuoco che, dai ninja di Konoha, viene chiamato in un modo che tutti ormai conosciamo: Volontà del Fuoco.

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E prestiamo molta attenzione alle parole che pronuncia Kakashi, che ha già capito tutto della situazione.

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CARATERIZZAZIONE PARTE TRE – IL RISVEGLIO

Dato che ques’ultima parte, non è ancora stata trasposta nell’anime, rappresenta uno spoiler, tuttavia, vi invito comunque alla continuazione della lettura, per completare tutto il discorso.  

Come detto alla fine del paragrafo precedente, la volontà di Obito era ancora forte, anche se assopita. Questo lo denotiamo quando diviene forza portante del Juubi, cosa che ricorderete tutti. Inizialmente, Obito era diventato un autentico mostro, il suo sguardo ne è la prova. Uno sguardo intriso di follia, dove era il Juubi a dettar legge, tant’è che lo stesso Obito non lo riesce a contentere, lasciando, quindi, che il mostro al suo interno facesse di lui ciò che voleva. In partica, Obito era solo un mero contenitore, privo di ragione, diverso da tutte le altre forze portanti, che perdevano la ragione, solo nel momento in cui si trasformavano. Tuttavia, l’amore per Rin era ancora presente, difficile sopprimere un sentimento cosi puro e forte, e Obito muove il prossimo passo, quello che lo porta a combattere col Juubi. Uno scontro di volontà.

 

Uno scontro che Obito vince alla grande, ricordandosi del suo attaccamento a Rin, riaccendendo e alimentando la scintilla che era rimasta inerme, e muovendo un altro passo verso la rinascita, ormai, sempre più imminente.

 

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A ciò, succede lo scontro, su cui non voglio dilungarmi (e spoilerare per coloro che tutto questo è una novità).

Arriviamo cosi al momento in cui Naruto e Obito si scontrano psicologimente, con l’Uzumaki che tenta di riportare l’Uchiha sulla retta via. E devo dirvi una cosa: mi stanno tremendamente sugli zebedei, coloro che hanno criticato questi capitoli, perché inutili. Mi rivolgo a voi: se pensate veramente questa cosa, con tutto il rispetto per l’opinione altrui, purtroppo devo dirvi che non avete capito cosa state leggendo e vi state fermando alle immagini e alle parole, senza però assimilarne il significato. Sfogliatori.

“L’effetto predica” di Naruto inizia a farsi sentire, e Obito comincia a rendersi conto di tutti gli errori che ha commesso, primo fra tutti rinnegare sé stesso e i suoi sogni. E da cosa ce ne accorgiamo? Dal fatto che Obito immagina di essere Hokage, e di piangere Rin insieme a Kakashi. Delle scene molto significative. 

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Rivede se stesso in Naruto, lo vede circondato di amici, mentre lui è solo. La maschera, quella caratteriale, inizia a cedere. Obito rimpiange ciò che il suo opposto è diventato. Non lo rinnega più, ma lo rimpiange. Le immagini, credo possano essere più esplicative di mille parole.

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Naruto colpisce nel segno e gira sempre più il coltello nella piaga. Poco a poco, Obito si rende conto del fatto che non ha mai abbandonato il suo vecchio se stesso, che era ancora attaccato a quella vita e c’era una cara amica a proteggerlo. Una volta che gli viene estratto il Juubi, ormai a terra inerme, avviene la sua svolta definitiva. Lo scontro che ha dopo con Madara, sancisce il cambiamento. Si è passati da “Io sono nessuno” a “Io sono Obito Uchiha”. Il vuoto nel cuore ha iniziato a riempirsi, grazie al perdono del suo maestro, del suo compagno e di colui che non è più il suo avversario/nemesi. Un personaggio che ha capito una cosa molto importante: lasciare tutto nelle mani di qualcun altro, permettendogli di usare il suo nome e di agire come se fosse lui, è ben diverso che affidare qualcosa a un compagno. Obito è cambiato. È diventato una guida. E sapete cos’è una guida? Una persona che lascia che gli altri camminino sul suo cadavare, ma che non camminerà mai sui suoi compagni.

 

 

 

Come già detto, non c’è peggior cattivo, di un buono che diventa cattivo. Ma se il cattivo riscopre la bontà del suo cuore, troverai in lui la forza e la volontà più grande che esista a questo mondo. Anche la volontà di sacrificarsi una seconda volta.

CONCLUSIONE

Questo è stata l’analisi psicologica del personaggio di Obito. Rileggendolo tutto, devo dire che sono molto soddisfatto del lavoro che ne è uscito, nonostante fosse la prima volta che mi districavo nella psiche di un personaggio. Spero non vi siate annoiati nel leggere, le cose da dire sarebbero potute essere maggiormente approfondite, ma già cosi è venuto abbastanza corposo. Non ho accennato alle vicende “recenti” per evitare spoiler di chi leggesse le vicende dell’ultima parte per la prima volta. Anche se non avrebbero aggiunto molto a ciò che è stato già scritto.

Ringrazio caldamente e vivamente tutti coloro che sono arrivati fino alla fine di questo panegirico, ringrazio coloro che mettono like e che commentano, facendomi conoscere il loro punto di vista. Vi lascio con questa scan che rappresenta la volontà di Obito.

 

- Madara

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Pagina creata da: admin , 16 luglio 2014
Ultimo aggiornamento: 29 agosto 2014

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